lunedì 11 marzo 2013

Madre

"Poverina ... quanto soffre ..."
"Mah ... se l'è voluto! Se suo figlio è quel che è e fa ciò che fa un po' di colpa ce l'ha pure lei, no?"
"Ma dai ... sai bene che è vedova da tempo ... e poi le brutte compagnie ... Riccardo non è cattivo ..."
"A me fanno solo pena ... non so cosa aspetti a denunciare il figlio, dopo tutto quello che le ha fatto!"

Parlano di Maria, una donna poco sopra i cinquant'anni, romana da generazioni, trasferita nella zona dei castelli romani dopo la morte del marito per un incidente sul lavoro. Due figli, Susanna, all'estero per studio e lavoro (figlia obbediente, gran lavoratrice, si mantiene da sola!) e Riccardo, ha lasciato la scuola da poco, dopo aver ripetuto per tre volte il quarto anno delle superiori; ora, più che ventenne, è la pecora nera, il delinquentello di quartiere.

Tutti sanno che Riccardo fa uso di quella roba, di roba diversa e forte, anche la madre lo sa. Così come è noto a tutti che ha una vita di relazione molto strana, non solo perchè frequenta gente tutt'altro che a modo, ma anche perchè lo vedono con una ragazza diversa ogni due per tre. E poi spaccia. Lo sa tutto il paese che è il crocevia di ogni stupefacente che viene venduto nelle sue zone. Non solo: rapine, furti, violenze, atti intimidatori verso i più piccoli ... insomma un boss in erba.
Lo sanno tutti ... soprattutto lo sa il cuore di Maria, sua madre, totalmente stracciato dal figlio che non riesce a smettere di amare. Ne è consapevole, sa cosa fa il figlio, sa bene come si comporta, come si muove, come tratta donne e persone, sa bene che "si fa"; ma sa anche che suo figlio non è così, suo figlio ha il cuore buono ... 
Maria sa tutto, Maria sa anche di più, perchè lei è la prima vittima del figlio, dei suoi furti e delle sue violenze, dei suoi assordanti silenzi e delle sue mani pesanti, del suo sguardo assente, della sua mente altrove.
Maria sa e soffre in silenzio e sale le scale del palazzo a testa bassa, con le buste della spesa in mano.
Maria ascolta le chiacchiere delle "verzoche" (pettegole, ndr) di paese e tace, tiene tutto dentro il suo spazioso cuore.

Un giorno il Maresciallo Gerardo Giudici, comandante della stazione dei carabinieri del suo paese, va informalmente a trovarla a casa. Gerardo era amico d'infanzia e collega di Maurizio, suo defunto marito, ucciso da un proiettile durante una sparatoria. Aveva a cuore Maria e la sua famiglia, spesso durante la settimana era usuale un caffè a casa loro, anche solo per una chiacchiera.
Quel giorno, però, Gerardo non andò per il sottile e disse a Maria che da tempo Riccardo era seguito e che aspettavano solo un piccolo pretesto per arrestarlo: "Aspettiamo solo che qualcuno lo denunci ... Maria, perchè non vieni in caserma da me e mi dici tutto? E' per il suo bene ... e per il tuo!"

"No, Gerardo, non puoi chiedermi questo!"

Maria sapeva, ma non denunciava, non ancora, quanto meno ... l'amore di una madre non conosce misura, si ripeteva in lacrime prima di addormentarsi (quando le riusciva) ... Non che non ce la facesse, ma proprio non voleva denunciarlo, quanto meno non ancora. Aveva dentro di sè ancora quel lume acceso, la speranza che il vero desiderio del figlio, che il suo cuore esplodesse di nuovo ... era prontissima a perdonargli tutto, tutti i furti, le fughe, i pugni e i calci presi, tutto ...

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Tutto era pronto, Riccardo aveva studiato la faccenda nei minimi particolari. Aspettava solo che Maria uscisse di casa, come ogni mattina, e che lo lasciasse dormire sul suo letto. Ma quel giorno non dormiva. I giorni precedenti aveva sentito Maria parlare con Susanna di una pistola, ancora presente nella cassaforte di casa, quella che il padre teneva; ancora non se n'era disfatta. 
Maria uscì.
Riccardo attese qualche minuto.
Si alzò, frugò nel cassetto del comò della mamma, prese le chiavi della cassaforte, l'aprì, cercò un po' e poi ... eccola ... ecco la pistola, caricatore pieno .... Serviva per il colpo grosso, quello della svolta, così poteva scappare e rifarsi una vita altrove, lontano da tutti e da tutto.
Mentre la accarezzava, Maria rientrò silenziosamente in casa (il figlio non si accorse di niente), aveva dimenticato il portafogli e ... vide Riccardo con la pistola del marito ... Il cuore scese sotto i talloni non trattenne un urlo, urlò il suo nome: "RICCARDOOOOO!!!! NOOOOO!!!!". Lui si girò, spaventato e senza accorgersene .... PUM ... un colpo partì ...

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Riccardo è in carcere.
Maria, dopo un'operzione, ora è fuori pericolo. Ha perdonato il figlio, che non aveva mai condannato.
Riccardo è pronto a ricominciare, a partire da lì, da dietro le sbarre.
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Una Madre è Madre sempre. Anche se non denuncia il figlio, pur essendo consapevole del male che fa. Una Madre non condanna.

Per i cristiani la Chiesa è Madre. E si comporta esattamente come Maria si è comportata con il figlio Riccardo.

Perchè vi scandalizzate?

mercoledì 2 marzo 2011

Il Gusto di essere Padre

Un anno fa venivi al mondo col sederino sporco di cacca.
Non avevi che due minuti di vita e l'ostetrica, dopo averti fasciato, ti mise tra le mie braccia.
Quel momento l'ho sempre pensato così: tu che piangevi, come si addice ad una neonata, ed io con te, a versare lacrime di contentezza, commozione, gioia, felicità....e invece...
E invece ancora una volta il Project Manager della mia vita mi regala una sorpresa, un'esperienza inaspettata.


Con te nelle mie braccia, mi scopro sereno, tu dormi e muovi le manine, io che ti guardo in uno stato di completa venerazione.
Tu sei il regalo più bello che il PM mi abbia fatto, dopo la tua mamma...
Un vero miracolo ... perchè contrariamente al parere dei medici, mi hai reso padre.


Quello che desidero per te è lo stesso che desidero per me. Desidero tu sia felice con la consapevolezza che non sono io, ne' la tua mamma, ne' il tuo futuro moroso, ne' i successi a scuola e nel lavoro, ne' l'affermazione sociale a farti felice. Ma se nel cuore abbiamo questo grande desiderio di felicità, vuol dire che in giro c'è chi può rispondere.
Camminiamo insieme, ti va? (<<--- questo è il GUSTO VERO di essere genitore: camminare insieme, entrare insieme in questo grandioso e meraviglioso mistero che è la vita!)


Buon compleanno Sofia.

domenica 27 febbraio 2011

Il gusto di avere un cuore spalancato

Oggi un'amica compiva il compleanno.
E come si addice ai bravi ometti di sesso maschine, me ne sono dimenticato.
Di seguito lo scambio di sms (nella speranza non mi denunci per uso illecito delle intercettazioni telefoniche):

Io: "...mi sono dimenticato, vero?"
Lei: "Si, ma sei il migliore! Fa nulla! Come se te ne fossi ricordato!"
Io: "Ma porcazozza! Perdono... Buon compleanno e grazie! Come si fa ad essere amici noi, che in comune non abbiamo (APPARENTEMENTE) nulla? Come fa ad esserci tutta questa libertà nel trattarsi? Grazie. Il regalo lo fai tu a me, sei l'evidenza della risposta a queste domande!"

Segue una sua lunga mail e una mia lunga risposta, con la promessa di TANTA cena e TANTO sigaro toscano...

Lei conclude così: "Ti auguro di essere felice".

E io mi son sentito voluto bene veramente.

Che figata vivere così. Che bello avere il cuore spalancato! Che bello essere presi a legnate sulle gengive per essere poi abbracciati di un abbraccio di quelli stretti che non costringono!

E' quella risposta alla quale i miei amici veri sono evidenza che mi rende libero, che mi fa respirare, che mi fanno piangere di gioia!

venerdì 4 febbraio 2011

Il gusto del lavoro (seconda parte)

Pomeriggio inoltrato del  3 febbraio (ieri), sul FrecciArgento che mi riporta da Venezia a casa, sfoglio un mensile e l'occhio casca su un faccione tondo, testa completamente pelata, due sopracciglia foltissime a contorno di occhi profondi ed espressivi. Una vera faccia da "patacca"...
Ma questa è Palmiro Cangini, Assessore alle Varie ed Eventuali del comune di Roncofritto di Romagna!!! Il personaggio di Zelig che farfuglia parole in accento romagnolo e conclude sempre con "...e con questo cosa volevo dire...".
Sembra un fiume in piena, mi fa ridere di continuo e  Bisio sembra suo fratello, una spalla perfetta! Le ultime gag, poi, sono veramente esilaranti!
Nell'intervista Paolo Cevoli parla di sè, della mamma e del papà proprietari di una pensione "a zero stelle" dove lui ha imparato, a suon di ceffoni da parte del genitore, il segreto del lavoro (che mi domandavo in un post precedente).
E poi l'università, il tuo tener banco (i "frizzi"), le esperienze di lavoro fuori dal ristorante di famiglia, un ruolo nella trasmissione di Paolo Rossi rifiutato negli anni '90 e il successo venuto con Zelig.
Per esser "bravi" serve la "mano calda", come gli diceva mamma Marisa quando faceva le tagliatelle: puoi avere la miglior farina e le uova più buone, ma senza la mano calda (il talento che o ce l'hai o non ce l'hai) il sugo non rimane attaccato alla pasta.
Insomma, per Paolo Cevoli il mestiere più bello è quello del cameriere perchè è al servizio di tutti e non è servo di nessuno....Come quel Nazareno che fece il "pediluvio" (così dice nell'intervista) ai suoi amici...
Eccolo il gusto del lavoro: SERVIRE a partire dalla realtà, SERVIRE così come sei, mettendo a disposizione la tua "mano calda", che si traduce nella tua professionalità, nel tuo talento, in ciò che sai fare.
Solo così il lavoro ha un gusto, al di là della funzione sociale ed economica, superando la sua utilità terapeutica. Lavorare ti serve perchè servi, così come sei, per quello che sei. 
E anche un "patacca" come me può dire "IO"!
....che respiro....

domenica 30 gennaio 2011

Il gusto del (buon) cibo!

E’ uno dei piaceri della vita, non c’è dubbio. Un buon piatto mi fa pre-sentire l’eternità. Cucinare per i miei amici e per le persone a cui tengo è uno degli atti di dedizione che mi fanno stentire utile al mondo. Un buon piatto condiviso con le persone che ami fa sicuramente “compagnia” a risate, esperienze, richieste d’aiuto. A tavola si è se stessi, c’è poco da fare!
Sono convinto che i vegetariani non sono contenti quanto noi instancabili onnivori. Sono altrettanto certo che gli “schizzinosi” non si godono la vita appieno come noi, quelli definiti “di bocca buona”!
La goduria che si prova nell’assaporare un buon prosciutto di montagna (ragazzi, quello di Bassiano – paesello sui Monti Lepini in provincia di Latina – ha un gusto unico, assolutamente vietato togliere il grasso!!!) abbinato ad una fetta di fragrante e fresco pane lievitato naturalmente (per carità, non bruciato), ha un che di sensuale! E se innaffiamo tutto con un Petit Verdot (c’è una sola cantina in Italia, che si trova nelle mie parti, che lo vinifica “assoluto”. Solitamente è utilizzato per tagliare altre uve considerate più pregiate), un rosso di struttura e gradevole, il gioco è fatto: vi innamorate!

Ieri sera la mia donna mi ha portato in una Hostaria situata in un paese medievale che è rimasto intatto nei secoli, Sermoneta, dove abbiamo potuto gustare i sapori del posto, sapientemente cucinati dalla cuoca (visibilmente una madre di famiglia, e dal prodotto delle sue mani ne abbiamo avuto la conferma: cucina come le mamme brave!).
Il ristorante è posto in una caverna (in realtà è un frantoio del 1300) per accedere al quale bisogna scendere una lunga scalinata; consta di non più di 50 coperti, l’ambiente è curato, gli odori aiutano ad entrare nella filosofia di chi l’ha messo su, i colori sono tenui e gradevoli, ad accoglierci una musica soffusa, un jazz-soul di Ray Charles (azzeccatissimo che poi, ahinoi, ha lasciato il posto a stornelli di non chiara provenienza). I sensi vengono ben stimolati da tutto e sono come un percorso che culminerà, poi, nel gustare le pietanze sapientemente preparate.
L’antipasto “Bonifacio VIII” (prende il nome dall’Hostaria) è un mix di colori, si presenta molto bene; la fanno da padrone i salumi, verdure grigliate e non (notevoli le "orecchie” piccantine – sono funghi – e la zucca lessata, che solitamente non gradisco ma in quella veste era veramente da gustare!).
I primi erano ricchi, forse troppo, e fantasiosi: ravioli ripieni di ricotta in una salsa di ragù bianco di cinghiale e fusilli (freschi) conditi con guanciale e carciofi (molto gradevoli e stuzzicanti). Filetto alla griglia ed ossobuco (non alla milanese ma veramente ben fatto) con contorno di broccoletti (il pezzo forte della serata, sembravano appena usciti dalla cucina della nonna! DIECI E LODE!). Degna conclusione con due diversi dessert: torta di ricotta e castagne (delicata e gradevolissima) e una rivisitazione ben riuscita della “sbrisolona” veneta (con ricotta e gocce di cioccolato. E’ stata servita calda, TROPPO calda...peccato). Il tutto innaffiato da un ottimo Nero d’Avola etichetta Cusumano (ottima scelta, Oste!).
Non potevo concludere la serata culinaria meglio di così: un buon toscano che ha concluso una cena che, fossi un critico enogastronomico, giudicherei con un bel 7,5! Bravi!
N.B. Consigli per raggiungere il massimo dei voti e la lode: includerei dei latticini nell’antipasto come le ottime mozzarelle e ricotte di bufala dell’agro pontino, ma anche un pecorino romano di media stagionatura sarebbe sicuramente un buon inserimento nell’entreè. Occhio a sale nell’acqua di cottura della pasta (ma anche, a mio avviso, nel condimento). E poi, last but not least, la musica; l’ambiente (è difficile descriverlo, veramente notevole, da visitare!) richiede musica di livello (jazz più “cool” o, addirittura, musica classica o medievale). Io ci ritorno. Chi mi accompagna?

giovedì 27 gennaio 2011

Il gusto dell'insoddisfazione

"Hai tutto: moglie splendida e figli sorprendenti, un lavoro che ti piace e che fai con passione, una famiglia d'origine solida e sempre disponibile a sostenerti, tanti amici, un pranzo veloce ed economico e un piatto caldo la sera, un tetto sopra la testa; hai interessi e passioni, svaghi e approfondimenti a disposizione.
Tutto, hai tutto: insomma, dai, cosa ti manca? Cosa vuoi ancora per te? Cosa desideri?"

Ecco dov'è la questione, il desiderio.
Ho tutto, sì. Ma questo tutto non mi basta, quel che ho non mi soddisfa, non mi è sufficiente, il tutto che ho non mi fa felice...

"Sei pretenzioso! Sei ingordo! Questo volere tutto è un peccato mortale! Stai attento!!!"

Ma come? Come può essere un peccato mortale? Come è possibile che questo desiderio che ho nel cuore, così forte e quasi straziante, sia un <<peccato>>?

"E' un peccato desiderare più di quello che si ha! Sei anche ingrato!"

Ma no, ringrazio sempre la vita che mi dona queste cose. Ma  non mi bastano, non sono sufficienti affinchè io sia felice. Anzi! E' talmente bello e grande quello che mi viene dato che mi spinge a chiedere di più! Desidero di più! Sento che sono fatto per qualcosa di più, di più bello, di più vero, di più buono e gustoso, di più giusto e pieno di tutto quello che ho!
Sai cosa ti dico?
Che la mia famiglia, gli amici, il lavoro, la casa, le passioni, le circostanze che ho da vivere mi fanno domandare sempre di più: ma perchè? Qual'è il senso di tutto? Cos'è questo "di più" che desidero?

"Psicopatico...sei pazzo! Fatti curare!!!"

lunedì 24 gennaio 2011

Il gusto del lavoro

"L'azione del lavorare e il prodotto così ottenuto; l'occupazione retribuita; l'azione degli agenti naturali; in fisica: spostamento di una forza lungo la sua retta di azione."


Così recita il dizionario alla voce "LAVORO".
Ma che cos'è veramente il lavoro? 
Perchè assume una rilevanza così cruciale nella vita delle persone? Solo per la retribuzione a fine mese? Solo perchè così ci si sente utili alla società?
Ho esperienze dirette del fatto che il lavoro sia somministrato addirittura come terapia per malattie psichiche.
C'è chi si tuffa letteralmente nella propria attività professionale (da dipendente come in proprio, o nello studio come nei lavori di casa) per "non pensare", "per distrarsi" da qualche tormento che affligge il cuore e l'anima.
O ancora, e anche qui ne ho fatto esperienza diretta, il lavoro è solo un dovere da espletare nel cuore della giornata, si aspettano le 18,00 come fosse un evento messianico; oppure è l'intermezzo tra le ferie estive e la settimana bianca; o ancora la lunga agonia verso il riposo della pensione.
Quanto è gratificante vivere il lavoro così?
C'è un modo per vivere il lavoro non come un peso, non come una terapia, non come una distrazione?
Insomma: esiste il gusto del lavoro?